“ LEGGERE PER NON DIMENTICARE”
Il giorno 10 Maggio 2018 nell' aula magna della Scuola Media San Carlo Borromeo, alle ore 17,00, all' interno di un ciclo di conferenze organizzate dall' associazione amici della Biblioteca diocesana di Ostuni, l'ins. Germana Quartulli presenta il Saggio di Maurizio Bettini dal titolo
"contro le radici: tradizione, identità e memoria".
Dialoga con lei la professoressa Masietta Palmisano che introduce preliminarmente la figura di Maurizio Bettini, nato il 27 07 1947 a Bressanone ( BZ), filologo antico, dal 1985 professore ordinario di filologia greca e latina all' Università di Siena.
Maurizio Bettini, figura emblematica del mondo accademico, fonda nel 1986 il centro di antropologia del mondo antico, un’ eccellenza di livello internazionale che opera un innesto della antropologia nello studio del mondo antico, in continuità con il moderno, facendo emergere i modelli culturali dell' organizzazione sociale dallo studio dei testi antichi.
La parola passa poi alla ins. Germana Quartulli, che illustra il pensiero di Maurizio Bettini nel saggio di cui trattasi.
L' assunto di Bellini e' che siamo tutti simili, da Rio de Janeiro a Pechino; per questo motivo esprimiamo il bisogno di differenziarci attraverso una " identità per differenza " in una Tradizione spesso inventata.
La chiave di volta delle argomentazioni di Bettini e' nell' immagine delle radici dell' albero, metafora della nostra identità che diventa una sorta di " dispositivo di autorità ": può il ramo pensare di non appartenere all' albero?.....Certo che no! Ma così pensando perde la libertà di autodeterminazione.
Il Bettini poi mette in guardia sulla possibilità di un uso della metafora storicamente manipolativo della mente umana.
La relatrice ricorda che Cicerone nel De Oratore sostiene che la metafora agisce sui sensi, soprattutto sulla vista, insinuando nell' anima un determinato contenuto di cui si diventa poi prigionieri.
La metafora arboricola delle radici, secondo Bettini, non rende giustizia della complessità del mondo attuale, dei delicati equilibri che si nascondono in quelle tre parole chiave del sottotitolo: Tradizione, Identità e Memoria.
La prima spesso e' inventata, la seconda è una creazione ad hoc, la terza sembra del tutto evanescente, visto che si decide di ricordare ciò che si vuole ricordare.
La memoria, dice ancora il Bettini non e' una mappa per leggere passato, presente e futuro, tenendo al riparo dal determinismo delle radici:... queste sono le mie radici.....dunque sono...dunque la mia identità e'......
Bettini, secondo l’ins. Quartulli, non è manicheo: o bianco o nero; non nega che la tradizione possa costruibuire a creare l’identità, ma non accetta un rapporto causa/effetto di tipo deterministico che crea una “ gabbia” in cui non è possibile il cambiamento.
Le tre parole del sottotitolo, Tradizione, Identità e Memoria, sostiene il Bettini, hanno creato devastazione tutte le volte che si sono trasformate storicamente in un vessillo.
La Storia ne consegna, purtroppo, copiosa casistica.
Si pensi a ciò che e' successo in Ruanda tra Hutu e Tutsi: un genocidio allucinante in nome della identità, della Tradizione e delle Radici.
Si pensi poi al genocidio nazista in nome della razza Ariana.
Si pensi anche al mito della “ padania “che utilizzando un immaginario assolutamente arbitrario da un punto di vista storico, ha prodotto una identità di tipo etnico frutto di un invenzione, generando riguriti xenofobi e secessionisti.
Quindi, conclude il Bettini, se proprio dobbiamo utilizzare la Metafora, accantoniamo la geometria verticale e statica dell' albero, radicato nella terra, e sostituiamola con una geometria orizzontale e dinamica.
Bettini suggerisce l' immagine del fiume che scorre ed accoglie in un " grande abbraccio " dentro di se' le acque degli affluenti.
La metafora del fiume, secondo il Bettini, e'più rispettosa del flusso della storia che costituisce il reale.
Terminata l’ illustrazione delle relatrici si apre un breve dibattito con i presenti che riflettono sul pericolo derivante da un uso storicamente distorto e deviato della metafora delle radici.
Quale consapevolezza portiamo a casa dopo questo dibattito ? Leggere per non dimenticare le brutture che la storia ci ha consegnato e mantenere viva la memoria per impedire nuovi olocausti.
D' altro canto, qualcuno in sala ricorda che accanto a questi esempi non edificanti che la Storia ci consegna, esistono in letteratura esempi positivi di utilizzo della metafora.
Si pensi ai racconti didattici di Milton Erickson, in " La mia voce ti accompagnerà ", dove la metafora diventa uno strumento raffinato per istillare nella mente i semi di una nuova visione di se’ e del mondo.
Dunque forse il problema non sta nella metafora in se’, ma in un utilizzo storicamente patologico della metafora stessa e sulle brutture che sovente abitano la mente umana: forse è su questo che conviene mantenere alta la guardia.
Conclude poi la Presidente dell’Associazione, prof.ssa Teresa Legrottaglie, ringraziando le relatrici per l’opportunità di riflessione su queste tematiche che tuttavia non sono incompatibili con il bisogno di ricerca della propria identità per veicolare l’ evoluzione spirituale di una comunità in cammino.
Claudio Perrone